Arpino, “Civitas Vetus”

Le Mura

Poco fuori l’abitato di Arpino, a quota 627 m s.l.m., si incontra l’antico abitato di Civitavecchia, già Acropoli dell’antichissimo centro Volsco del VII-VI sec. a.C.

Passato momentaneamente sotto il controllo dei Sanniti nel corso del IV sec. a.C., fu conquistato e riutilizzato dai Romani nel 305 a.C.Il nucleo abitato fu chiamato “”Civita Ciceroniana” nel medioevo, poiché si riteneva luogo di nascita di Cicerone.

L’antica Acropoli, rimaneggiata dai Romani e successivamente fino al medioevo, era difesa da poderose mura costituite da giganteschi blocchi in pietra che la fantasia popolare ha attribuito all’opera dei mitici Ciclopi. Più esattamente si tratta , di “mura megalitiche”, considerando l’enormità dei massi, ovvero “poligonali”, considerando la forma degli stessi. I blocchi sono sovrapposti in modo molto accurato e senza uso di malta.

Attualmente l’area circoscritta dalle mura è caratterizzata dalla presenza di un caratteristico borgo , dal vario e minuto tessuto urbanistico, quasi integralmente ricostruito dopo i distruttivi terremoti del 1329 e del 1456 che causarono la quasi totale distruzione del borgo angioino del XIII sec. e del suo castello.

L’ Arco Acuto

Appartiene all’antica cerchia muraria volsca (VII-VI sec.a.C.), il notissimo “arco a sesto acuto”, porta di accesso alla città da nord. La sua presenza avvalora l’ipotesi avanzata da parte di alcuni studiosi , di una influenza culturale greca sull’antica Arpino, dato che strutture analoghe si trovano nelle città micenee (Micene,Tirinto) già dalla seconda metà del II millennio a.C.

È alto più di 4 metri ed in realtà si tratta di uno “pseudoarco” essendo formato dalla sovrapposizione di blocchi di pietra disposti orizzontalmente , a mensola e non a raggiera, che vanno restringendosi verso l’alto fino a chiudersi.

Questo grande arco fu concepito , nel perimetro murario, in modo da formare una “porta scea”.
Le “porte scee” (celebre quella dell’antica Troia ma anche di Micene) sono varchi che non si aprono frontalmente rispetto a chi giunge presso la città per assalirla, bensì sul suo lato sinistro grazie ad un avanzamento delle mura (scaevus , in latino “sinistro”da cui il termine). In tal modo l’assalitore era costretto a lasciare esposto il lato destro, privo di scudo, ai difensori schierati sugli spalti.

La “Torre di Cicerone”

All’interno delle mura ciclopiche si riteneva fosse collocata la residenza di proprietà della famiglia di Cicerone (che invece era nella campagna arpinate), per cui la torre ha preso il suo nome. In realtà si tratta di una costruzione medievale, perno di un più ampio sistema difensivo realizzato nei primi decenni dell’epoca angioina (seconda metà XIII sec. dopo le distruzioni di Arpino da parte degli imperatori svevi nella prima metà dello stesso secolo) che comprendeva un castrum , munito di una piazza d’armi nella quale era collocata una cisterna per le riserve idriche, ancor oggi visibile.

La torre, oggetto di accurati restauri nel 2011, ha base quadrata, rafforzata da un muro a scarpa sul lato N-W .Sulle facciate si aprono finestre a feritoia , nella parte inferiore, e aperture di dimensioni maggiori nei piani superiori.

Una scala ed un ballatoio esterno conducono all’ingresso sul primo livello. Grazie ad una scala interna si giunge alla sommità. Da questo punto , protetti dai merli, si ha il pieno controllo del territorio sulla Valle del Liri e verso l’Abruzzo. Era questa, d’altra parte, la funzione fondamentale della torre: la città era diventata, nel XIII sec., importante avamposto angioino verso i territori della Chiesa.

All’interno della torre è stata allestita una sezione didattica che illustra la storia del monumento e del territorio.

La Chiesa di San Vito

Si hanno notizie della chiesa dedicata a S.Vito Martire, dall’XI sec. Tuttavia le distruzioni operate dall’uomo e dai terremoti, dal XIII al XV sec, hanno reso necessaria la sua completa riedificazione nel XVI sec. Pertanto le forme oggi visibili sono rinascimentali : presenta tre navate , chiaramente leggibili nella facciata a salienti, organizzata da membrature architettoniche classiciste. Sia la facciata che il campanile sono realizzati con la caratteristica puddinga di Arpino. L’interno, rimaneggiato in epoca moderna, custodisce una pala d’altare del Cavalier d’Arpino raffigurante i Santi Vito, Modesto e Crescenzia del 1625/1627.

La chiesa conserva, nella sagrestia, i “ferri di S.Vito”( un’asta metallica recante una croce all’estremità) destinati alla guarigione degli animali e alla liberazione dal maligno delle persone possedute. Si imponevano alle persone e agli animali accostandoli alla loro fronte (quello corto per le persone, il lungo per gli animali).. La celebrazione del rito avveniva ogni 15 di giugno, giorno nel quale a Civitavecchia si svolgeva un’importante fiera del bestiame. Al termine della processione, sul sagrato della chiesa, avveniva l’imposizione dei ferri agli invasati posseduti dal maligno e agli animali in preda a strani tremori , vittime di morsi di lupi o serpenti. L’ultimo esorcismo è avvenuto nel 1931. Il ferro destinato alle persone, quello corto, è stato trafugato dalla chiesa nel 1984.

Chiesa della SS. Trinità

Accanto all’Arco a sesto acuto,all’interno delle mura, sorge la piccola chiesa della Santissima Trinità o del Simulacro del Crocefisso. E’ l’ unica chiesa con pianta a croce greca in Arpino e fu edificata nel 1720. Essa fu fatta costruire dal Cardinale Giuseppe Pesce, maestro e rettore della Cappella Pontificia e ancor oggi appartiene alla famiglia Pesce. Al centro della struttura vi è una cupola (dipinta e dorata), nei cui pennacchi sono raffigurati i quattro Evangelisti: essa non è visibile all’esterno poiché protetta da un tiburio. Nel mezzo della chiesa vi è una botola che porta alla tomba in cui riposano i defunti della famiglia Pesce. La facciata ,a capanna,è inquadrata da due lesene angolari trabeate. Al di sopra è un semplice frontone triangolare entro il cui timpano è riportato uno stemma; nella parte superiore sono presenti tre stelle, in quella inferiore due pesci che alludono al nome della famiglia titolare. Il severo ordine architettonico tuscanico e la semplice geometria dell’intera facciata, preannunciano il neoclassicismo del XVIII sec. Al contrario, l’interno è affrescato e ornato con motivi religiosi tardobarocchi.

Chiesa di S. Anna

La Chiesa di S. Anna (o della Madonna di Loreto) fuori le mura dell’Acropoli , risale alla seconda metà del XVIII secolo: le prime notizie scritte le troviamo in una lettera della visita pastorale del Vescovo Tommaso Taglialatela nel 1766. È stata ampliata nel 1883 nella parte absidale; più tardi è stata aggiunta la sagrestia di quattro vani. La chiesa è ad unica navata, con soffitto a stucco senza ornati, abside con colonne in muratura; nella nicchia l’immagine della Santa.

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